Il rischio più evidente è cadere nel nostalgico, raccontare il classico e stucchevole “c’era una volta” dipingendo un favoloso mondo felice, fatto solo di epica. Un mondo popolato di grandi e piccoli “eroi” del panno verde, mentre oggi tutto sarebbe sbagliato, tutto, alla Bartali, da rifare. L’evoluzione del biliardo, anzi delle boccette, che abbiamo (forse impropriamente) sintetizzato nel titolo “Dal bar allo sport”, è fatta di molteplici aspetti. Non necessariamente positivi o negativi. E comunque qui non mi interessa tanto esprimere opinioni, men che meno giudizi. Quello che vorrei fare è quello che ho fatto per tutta la mia vita di cronista: raccontare, descrivere, testimoniare.
L’arte del biliardo
Se un giorno vi dicono che il biliardo è geometria, vi do un consiglio: non state lì a discutere, fate finta di niente. Ma credete a me: il biliardo è prima di tutto un’altra cosa. Il biliardo è arte. E mi piacerebbe fosse ancora vivo Bertino Pelagatti, pittore, caricaturista e grande interprete del panno verde negli anni Sessanta e Settanta. Vorrei che fosse lui a spiegarvi che le traiettorie delle boccette, prima di tutto, nascono nella testa, si nutrono della fantasia di chi le esegue, spesso indipendentemente dai vari punti di riferimento geometrici.