Si sa che noi giocatori di biliardo raramente scegliamo le strade più brevi. Una “candela” ci risulta spesso più ostica di un tiro di due, tre e anche più sponde. Così domenica 31 ottobre Enrico Delbene, per ritornare nella sua Varazze partendo da Abano Terme, ha deciso di deviare passando da Imola, si è fermato a casa mia e abbiamo passato qualche ora, io, lui e Luca Casadei, a parlare anche (e soprattutto) di biliardo.
Ci sono episodi che dimostrano la grandezza di un giocatore ancora più dei risultati che ha ottenuto. Enrico ha vinto diverse gare nazionali, prove Master, ha collezionato numerosi piazzamenti di grande rilievo, ha sfiorato più volte lo scudetto tricolore, è stato credo il più forte savonese di tutti i tempi assieme a Gnagnarelli, ma la sua “medaglia al valore” gli è stata idealmente consegnata ai Campionati Italiani individuali di Misano Adriatico, stagione 1986-1987.
Quell’anno il compianto Zileri aveva espressamente fatto scrivere nel manifesto della gara “È vietato il tiro a mo’ di stecca, ovvero col braccio teso”. Ebbene, indovinate un po’ chi era l’unico giocatore che eseguiva quel tiro all’epoca? Sì, era il nostro Enrico Delbene. Insomma avevano inserito addirittura una norma ad hoc contro di lui, un po’ come fecero a suo tempo con Valerio Veronesi per il “cricco”. Se questo non è un implicito riconoscimento del valore di un giocatore e di quanto fosse temuto, ditemi voi cos’è.
Su Misano torniamo tra poco, ora è forse il caso di specificare che Delbene è stato (chiarisco che parlo al passato come fuoriclasse, ma in realtà Enrico gioca ancora ad un buon livello) un fenomeno unico nel suo genere, proprio per il tipo di gioco. Appassionatosi alle boccette da ragazzino, intuì ben presto che per diventare uno dei più forti doveva percorrere una strada diversa rispetto agli altri. Seppure non molto alto, dedicò ore e ore a specializzarsi nel gioco di striscio e nella bocciata a braccio teso a due sole passate. “Mi dissero che avevo copiato Checco Fava – mi ha raccontato – ma in realtà io Fava non l’avevo ancora visto giocare. C’era un anziano nel bar della mia famiglia che strisciava e semmai mi sono ispirato a lui. Solo che piegava il braccio, mentre io l’ho sempre tenuto teso”.
Fatto sta che Enrico Delbene è stato, parole di Valerio Alvisi, “il più grande di tutti i tempi nel gioco alto”. E se lo dice Valerio, che li ha visti tutti (Fava compreso) ed è la memoria storica del nostro gioco, c’è da credergli sulla parola. Anche perché la bocciata a due giri di Enrico, col filotto che spesso cadeva, era il prologo alla realizzazione successiva, perché Delbene non si limitava ad andare in accosto in alto, lui tirava, come spero si riesca a vedere (sia pure male) dal video che segue.
https://www.facebook.com/enrico.delbene.1/videos/130919715632453
Ok, si parlava di Misano. Ci vollero due ore di discussione e l’intervento di Giulio Parenti, quella volta in Romagna (tra l’alto Delbene ha sangue riminese per parte di padre), per dirimere la questione. Ma mica era finita lì, perché qualcuno contestò ugualmente la bocciata di Enrico sostenendo che alzava i piedi da terra. Così il savonese si ritrovò a bocciare con un arbitro di fianco che lo controllava ogni volta. E anche qui mi torna in mente Veronesi, che veniva accuratamente osservato da un lato e dall’altro del biliardo per verificare se, allungandosi per bocciare, oltrepassava con le dita la riga di mezzeria. Bene, nonostante questa difficoltà Enrico Delbene riuscì ad arrivare fino alla semifinale, dove si fermò assieme a Fabbri, mentre il giocatore di casa Rossi riuscì a conquistare il tricolore superando il bolognese Draghetti.
Enrico Delbene è forse il simbolo dell’evoluzione del biliardo ligure, che all’inizio vide il prevalere della mitica scuola genovese guidata da Decet e Gullino, poi ebbe un periodo di notevole fulgore proprio nel savonese. “Erano altri tempi – commenta Enrico – allora anche da noi, come in Romagna, in ogni bar c’era almeno un biliardo e nelle gare nazionali c’erano 7-800 iscritti. Comunque ad Abano i Campionati Italiani di Seconda categoria si sono svolti in una sala davvero stupenda. Peccato che nonostante i miei 40 punti in 4 bocciate ho trovato un avversario che ha realizzato da tutte le parti e mi ha eliminato alla seconda partita”.
Insomma, Enrico non ha ancora mollato il panno verde. Lotta assieme a noi. E intanto mi consiglia di tenere d’occhio un savonese già molto forte e in continua crescita: Luca Alpi.
Del Bene e Draghetti. Due grandissimi campioni.
Io nel mio piccolo li ho incontrati una sola volta negli anni 70 nel Circolo S.Zita in gare nazionali, Del Bene in coppia e Draghetti individuale, e ho vinto bene. In coppia stavo col mio maestro Castruccio Mario.
Erano tempi che quando bocciavo sia sul pallino d’acchito o di rimessa sulle boccette alte ero quasi sempre a castello.
Le partite seguenti le ho perse subito. Avevo dato tutto contro i campionissimi.