Io Enrico Rosa me lo ricordavo negli anni 80, quando partecipavo a molte gare nazionali. Nella mia mente era rimasta soprattutto l’immagine di un puntatore molto preciso, decisamente grintoso, fortissimo in coppia con un altro riminese, Sartini, giocatore dalla bocciata mortifera.
Quando ho ricominciato, dopo tanti anni, a interessarmi al biliardo, ho visto una foto di Rosa con un’infinità di scudetti tricolori appuntati alla maglia, così tanti che non c’era più posto disponibile nemmeno per uno spillo. E ho quindi scoperto che nel tempo, adeguandosi più e meglio di tanti altri alle mutazioni imposte al gioco, era diventato anche in singolo uno dei più forti d’Italia. Poco importa se quest’anno Rosa non è tra i Master, visto che si è già aggiudicato due gare nazionali.
Qualcuno ha coniato per lui il soprannome di cannibale. Un po’ per le tante vittorie, un po’ perché è il classico giocatore che non appena gli concedi un dito, anzi un’unghia, ti prende una mano se non il braccio. E tanti saluti. Se ne volete una prova andate a ripescare la finale dell’Ambrogino d’Oro dello scorso dicembre, gara che, così per dire, il giocatore riminese si è già aggiudicato tre volte in carriera.
Io l’ho vista in diretta. Uno straordinario Francesco Gobetti (giocatore di cui prima o poi dovremo parlare, e con lui di tanti altri che ancora mancano al blog) sembrava ormai avere in mano la partita. E’ bastato un piccolo errore, un tiro non centrato alla perfezione, e il cannibale ne ha immediatamente approfittato per portare a casa il trofeo. Poi il Gran Prix di Abano Terme a gennaio, dove giocando una finale semplicemente perfetta Rosa ha dominato il suo compagno di squadra e amico Iuri Minoccheri.
Se volete un parere personale, a me di Enrico Rosa impressiona soprattutto una cosa (rima baciata non voluta). Mi impressiona la sua velocità. La rapidità di pensiero e di esecuzione. In un mondo, quello del biliardo, dove spesso capita di assistere a partite interminabili e soporifere, giocate da pensatori e ripensatori incalliti, gente che valuta e rivaluta un’infinità di volte la situazione prima di mollare quella benedetta boccetta, ecco in quel mondo lì, ben venga un giocatore di altissimo livello che, 9 volte su 10, osserva la situazione, si imposta e tira nello spazio di pochi secondi. Il fatto poi che il tiro sempre 9 volte su 10 finisca a bersaglio, beh, non è un dettaglio da trascurare.
Anche Rosa, come tanti altri, ha cominciato a giocare da ragazzino, bruciando presto le tappe. Fu Luciano Andruccioli (di cui ho scritto un ricordo personale in questo articolo https://www.biliardoboccette.it/la-classe-con-la-c-maiuscola/ ) a inserirlo in squadra quando aveva appena 15 anni. E di Andruccioli, Enrico parla come di un giocatore dalla classe inarrivabile. “Lui per me è un monumento” dice regalandoci un aneddoto. “Un giorno ci chiese: Ma perché io devo sempre fare la terza partita e fare tardi? Allora giocavamo su 2 biliardi, quindi lui entrava in pista regolarmente a mezzanotte. Fu il barista a rispondergli: Guarda, siccome ti do un piccolo rimborso spese, ho bisogno che il bar sia pieno fino a tardi e qui, finché non giochi tu, puoi star sicuro che non se ne va nessuno”.
Già, nel biliardo andava così. Quando alle gare nazionali l’altoparlante annunciava “Andruccioli al biliardo 2. Tassi al biliardo 12. Cicognani al 7… e così via, si assisteva immancabilmente alla migrazione degli spettatori verso i rettangoli verdi dove si esibivano i giocatori di grido e più spettacolari. Succede ancora adesso, ma solo per pochissimi. Non faccio i nomi per non rischiare di dimenticare qualcuno.
Grazie a Giuliano Rontini per il contributo fotografico
Sempre perfetto e piacevolmente leggibili i tuoi brevi racconti inerenti al biliardo… Grazie 🥰
Grazie a te
Come avevo detto per Yuri mi ripeto per Enrico giocatore intelligente che non butta via niente e che al più piccolo errore ti castiga, e poi dalla scuola di fenomeno come Andruccioli avevi solo da imparare e mettere da parte e come dicono i risultati è stato un ottimo alunno, BRAVO Enrico un saluto da Enrico Delbene
Grazie Enrico. Continua a seguire il blog. Prima o poi spero di avere qualcosa da scrivere anche sulla grande scuola ligure.
Ciao Enrico e un piacere leggerti e risentirti. a presto
Tranquillo Maurizio parlare di grandi campioni dei vecchi tempi è sempre un piacere e ti fa sentire ancora giovane (si fa per dire) ciao
Il nome cannibale gli si addice, grande Enrico .
Glielo hanno affibbiato altri e avendolo visto all’opera mi è sembrato azzeccatissimo.