Anche qui non parlo di biliardo e ora penso che questa potrebbe anche essere l’ultima volta che scrivo nel blog. Chissà, vedremo.
Non ricordo se era l’1 o il 2 maggio del 2008. Vagava in strada impaurito e puzzolente. Decidemmo di caricarlo in macchina, dopo aver vinto con pazienza le sue paure, pensando che fosse un cane da caccia sfuggito a qualcuno. Ma il veterinario ci disse che non aveva alcun microchip. Inoltre un testicolo non gli era uscito ed era da operare con una certa fretta.
Noi non avevamo alcune intenzione di portarlo al canile, ma neanche di tenere un cane in casa. Mi feci prestare un guinzaglio da mia madre e la sera lo portammo in giro in centro. Mandai sms a tutti i miei contatti, chiedendo se qualcuno era interessato a un bel cucciolo di bracco tedesco, tanto bello che un ragazzo che incontrammo per caso ne fu immediatamente conquistato e ci disse che probabilmente l’avrebbe preso lui volentieri. Gli lasciai il numero di telefono, ma lo stomaco mi stava già dando strani avvertimenti. Infatti tre giorni dopo, quando il tipo mi chiamò per dire che sì, era pronto a prenderlo, gli dissi di no: noi non ce la facevamo più a staccarci da Guga.
“Che bel cane, come si chiama?” ci hanno chiesto mille volte negli anni soprattutto i bambini. “Guga”. “È una femmina”. “No è un maschio”. Bisogna essere appassionati di tennis come me, e come mia madre che adorava il tre volte vincitore del Roland Garros, il brasiliano Gustavo Kuerten, per associare il soprannome Guga appunto al nome Gustavo.
Guga non è mai andato a caccia, chissà forse fu abbandonato per paura degli spari, e neanche a tartufi. Ha vissuto nella nostra tavernetta in simbiosi con Tiziana, mentre con me ha percorso chilometri e chilometri a piedi. Da cucciolo aveva un’energia spaventosa. Saltò per ben tre volte la recinzione dell’area cani qui di fronte a casa mia, attraversando la circonvallazione nel traffico e facendomi venire il batticuore. Poi è diventato un bel cane adulto, buonissimo con le persone, litigioso con la gran parte dei quadrupedi maschi che incontravamo.
Negli anni, lentamente ma inesorabilmente, Guga è invecchiato. Più rapidamente di noi, che pure non siamo ragazzini. Negli ultimi tempi, dopo altre peripezie di salute affrontate e superate brillantemente, era diventato sempre più lento a camminare e denunciava tutta la sua età. Martedì scorso però aveva superato brillantemente il terzo intervento chirurgico della sua vita, necessario per asportargli un sarcoma delle dimensioni di un’arancia. Si stava lentamente riprendendo, ma già mercoledì sera abbiamo visto che qualcosa non andava. Non mangiava e faticava sempre più a reggersi sulle zampe. Giovedì mattina sono riuscito a portarlo di fronte a casa a fare una pipì, lui non l’avrebbe mai e poi mai fatta in casa, ma già giovedì sera non c’è stato niente da fare: non si reggeva più in piedi. Però piagnucolava, così verso le 22 io e Tiziana abbiamo fatto una cosa assurda. Lo abbiamo caricato sulla branda e lo abbiamo portato con grande fatica e dopo diverse tappe qui di fronte, sul prato. Quindi lo abbiamo messo in qualche modo in piedi, sostenendolo e sperando che riuscisse a fare quella benedetta pipì. Niente. Lui preferiva sdraiarsi sull’erba e godersi il fresco. Così dopo un po’ lo abbiamo riportato in casa e messo sul suo divano in tavernetta.
Di sopra, a letto, eravamo disperati. Ci chiedevamo in che modo avremmo potuto gestire nei giorni seguenti un cane che non si reggeva sulle zampe. Abbiamo pensato a mille soluzioni differenti, ma nessuna ci sembrava praticabile. Ovviamente quella notte io ho dormito pochissimo. Era chiaro che avremmo dovuto modificare le nostre abitudini di vita, anche se ancora non sapevamo come. Poi al mattino verso le 6, quando mi sono alzato, qualcosa mi diceva che dovevo scendere di sotto prima di Tiziana. Guga era lì, privo di vita, sul suo divano. E ovviamente io, il forte della famiglia, ho pianto come un bambino.
Ora io non so se Guga ha deciso di andarsene perché aveva capito di essere diventato un peso insostenibile, non so se preferiva che noi continuassimo a vivere la nostra vita, se voleva perfino che io continuassi a far rotolare le boccette sul biliardo, non so se questa è solo la nostra fantasia, dopo averlo amato tanto ed essere stati tanto amati. So che ci vorrà parecchio perché mi si riapra lo stomaco. E so che avevo bisogno di scrivere questo articolo, che forse può sembrarvi triste e mi scuso, ma in fondo in fondo non lo è. Avevo bisogno di scriverlo come piccolo omaggio al nostro fantastico cagnolone.
Bellissimo articolo. Mi è sembrato di rivivere gli ultimi giorni del mio labrador Rocky. Io e mia moglie abbiamo provato un dispiacere immenso ed ancora adesso dopo un anno e mezzo dalla sua scomparsa, leggendo il tuo articolo un groppo alla gola mi ha assalito. Ciao Maurizio
Ti capisco…ma ora prendine un altro al piu’ presto
Rivivo gli ultimi mesi con Ross. E ho ripianto
Mi hanno sempre detto che il biliardo è il gioco dei nobili e delle “suole”. Ora ho la certezza della categoria di cui tu fai parte. Bellissimo post e non smettere mai di scrivere. Abbi pietà di noi. Ciao.
Bellissimo racconto anche se un po’ triste, ho vissuto la medesima esperienza con un meticcio carambolato nella mia famiglia dal nulla, mi dispiace Maurizio ,ma purtroppo è la vita,lui sicuramente continuerà a scodinzolare da lassù ..un abbraccio,
Grazie! Hai espresso quello che molti di noi han passato, e piú volte.
Sono d’accordo con Pino Doglio…… ciao Maurizio 😪😪
Da amico degli animali il consiglio che mi sento di dirti è di prendere un altro cagnolino che tenga compagnia a te e a tua moglie, a leggere il tuo racconto mi è venuto le lacrime agli occhi, per dirtene una mio fratello che è un mezzo contadino ha avuto sempre un cagnolino l’ultimo che se ne andato aveva detto basta patisco troppo quando se ne vanno non è passato un mese che da Tobby è passato a Pedro, quello che consiglio al mio amico Maurizio ciao un abbraccio. (per la prima volta non ti ho parlato di boccette)