Un giorno entro al Las Vegas assieme a un signore sulla cinquantina. La frase è quella classica: “Anna, ci apri il 5?”. Lei nel consegnarmi la scatola con le boccette mi sussurra all’orecchio con aria complice “Hai trovato un pollo?”. Le rispondo sorridendo “No Anna, è mio padre”.
Chi ha la mia età e ha giocato a biliardo ad un certo livello è difficile che non abbia mai frequentato il mondo parallelo, per certi versi affascinante e per altri inquietante, delle “partite di soldi”. Io cominciai molto presto, intorno ai 15-16 anni. Non c’è da vantarsene, ma fa parte della mia storia. Un giorno sì e l’altro quasi, si faceva “fuoco” e anziché andare a scuola finivamo in un bar, generalmente il Bar Santerno che allora era in viale Dante. Per i non imolesi siamo a pochi passi dall’autodromo. In quelle mattinate facevamo interminabili sfide di soldi, soprattutto a Goriziana, ma il bello è che i soldi in tasca non ce li avevamo quasi mai. A volte facevamo fatica anche a raggranellare quelli sufficienti per pagare il biliardo. Così tra noi fioccavano i “pagherò”. Per la cronaca, devo ancora avere 30mila lire da un tipo che abitava nelle colline imolesi e di cui, in questo momento, non ricordo neppure il nome.
Poi c’era il Battifondo. Lo sapete vero che cos’era il battifondo? Un giocatore teneva il banco e gli altri si alternavano a sfidarlo col vantaggio della prima bocciata. Ce n’erano diverse versioni: pallino agli 8, ai 7, ai 5, ricordo di aver giocato perfino pallino ai 3. Un posto dove a Imola si giocava spesso a battifondo era il Bar Ronchini. Chi teneva il banco era generalmente un giocatore molto forte, abile soprattutto nel contrattacco, o capace di chiudere la partita in una mano con 8 punti di colore. Io in quel periodo, nei 2.50 e nei 2.60 con le buche, diciamo che alla bocciata ero piuttosto bravino. Spesso entravo, puntavo qualcosa, prendevo i soldi con un colpo solo e aspettavo di nuovo il mio turno. Quelli come me generalmente venivano tollerati perché il vantaggio, per chi teneva il banco, era nella massa: tanti altri tentavano la fortuna senza avere le stesse capacità e finivano per lasciarci anche parecchi soldi. Erano periodi in cui i bar non chiudevano mai. O meglio: tiravano giù la saracinesca, ma dentro si andava avanti a giocare fin quasi al mattino.
Il capitolo delle partite di soldi è pieno di racconti e aneddoti, su cui tornerò in questo blog più volte. Basti dire che per molti giocatori, negli anni dai Settanta in poi fino direi a cavallo del secolo, le gare nazionali erano spesso un pretesto per chiudersi in qualche bar, sfidandosi in interminabili serie di partite “legate”, quasi sempre piuttosto corte (ai 36, ai 51…), con i soldi in palio. E c’era chi si divertiva a finanziare i giocatori. Ne riparlerò anche grazie ai ricordi di Luca Casadei, che intorno ai suoi 20 anni ha davvero girato l’Italia per questo tipo di sfide. Qui voglio soltanto citare due bolognesi che sono stati tra i principali giocatori di soldi, ma che erano, per certi versi, agli antipodi: Reatti e Giaroni. Volendo sintetizzare: Reatti amava lo spettacolo, Giaroni amava vincere.
- Reatti era un ottimo giocatore, ma aveva qualche lacuna nella bocciata. Dietro al biliardo era pirotecnico e attirava sempre un folto pubblico. A volte sfidava anche tre avversari contemporaneamente (“Reattore su tre piste!”) un po’ come Bobby Fischer. Perdonate la digressione, ma se avete da una certa età in su ve lo ricordate di sicuro: Fischer fu il campione di scacchi americano che nel 1972 sconfisse il sovietico Boris Spasskij in una sfida dai molteplici risvolti, anche politici. In quel periodo eravamo improvvisamente diventati tutti esperti di alfieri e cavalli, al bar dissertavamo di difesa siciliana e apertura all inglese, così come in seguito, con Luna Rossa, saremmo diventati tutti provetti velisti, eccetera eccetera… Bene, Fischer era famoso anche perché giocava più partite contemporaneamente (lo cita uno dei miei autori preferiti, Milan Kundera, nel “Libro del riso e dell’oblio”).
Non posso dirlo con certezza, ma non credo che Reatti, per quanto bravo e spettacolare, fosse quello che normalmente si definisce “un vincente”. Era uno che amava la sfida, direi anche e soprattutto quando il suo avversario era molto forte. Reatti non si tirava mai indietro. Giaroni invece, che dopo il biliardo sarebbe diventato un abilissimo professionista del poker Texas Hold’em, era uno straordinario calcolatore. Non aveva nessun timore di affrontare partite che avevano in palio anche somme molto consistenti, ma il computer che aveva in testa era programmato per procurarsi dei vantaggi, che potevano essere tecnici o psicologici. Era sempre lui a decidere le regole del gioco. Insomma, Giaroni era “un vincente”. Tra l’altro aveva dietro al biliardo un atteggiamento per certi versi snervante. Era capace di impiegare diversi minuti prima di effettuare un tiro, spostandosi innumerevoli volte da una parte e dall’altra, aggiustandosi gli occhiali sul naso, asciugandosi le mani… Faceva parte del personaggio. Ed era, ovviamente, un eccellente giocatore.
Per chiudere con un ricordo personale, affrontai Giaroni una sola volta, nel ritorno di un playoff tra la mia squadra, che allora era il centro sociale Zolino, e la sua (l’altro singolo era Valerio Alvisi, che giocò contro Pierino Paoletti e magari un giorno, con la sua formidabile memoria storica, ci dirà di quale squadra bolognese si trattava). La nostra partita, sul mio biliardo, era diventata decisiva e la tensione era molto alta. Giocai bene, anzi benissimo, ma non bastò. Giaroni non sbagliò un tiro. E alla bocciata, non posso dimenticarlo, fece cinque filotti di prima consecutivi. Insomma: in quanto a “testa” era un giocatore formidabile.
Confermo in pieno quanto riportato da Maurizio su Giaroni e Reatti. Un paio di ricordi sull’uno e sull’altro: in coppia con Giaroni (la persona meno empatica che abbia conosciuto) che però aveva nei miei confronti la massima considerazione. Vincemmo, contro Fava e Garuti, lo spareggio del provinciale a squadre al Palasport in piazza Azzarita.
3 a 3 dopo i “tempi regolamentari” Bar Casella contro il Moca Cream Decima, si spareggiò con due coppie e un singolo, l’altra coppia era Veronesi-Pedriali e il singolo era Ivo Gandolfi, io e Gianni Giaroni portammo a casa il punto della vittoria al termine di una partita all’ultimo sangue.
Di Reatti Renato ho il ricordo della persona più empatica che abbia mai incontrato, più era la pressione e più alta la cifra in palio e più lui scherzava o faceva battute con il pubblico (sempre numerosissimo), in un provinciale a coppie al Manzoni faceva coppia con Carletto Braccio d’oro (non ricordo nome e cognome), davanti al loro biliardo si radunavano folle oceaniche, che si spostavano man mano che proseguivano nella gara, si beccavano in continuazione fra di loro o prendevano per il sedere gli avversari o si facevano i complimenti per bei tiri effettuati, persero mi sembra nei quarti, dopo avere preso applausi e risate a scena aperta. Aggiungo che mi mancano da morire quei momenti.
Completo i nomi della foto del Casa Bar
Da sx Giaroni, Bersani detto Gigio, Renato Sala, Gianni Guidastri, “il Nonno”, Luppi, 2a fila Mirandola, Zini Iader, Cuppini “l’Esen”, Salvatore “Toto” D’Aloisi e Buriani.
Non ricordo il nome del personaggio in cima alla foto, era mi sembra un super tifoso….
Mi chiamo Cesare Pullega e sono un giocatore di Biliardo, anche se adesso per problemi di salute non posso giocare. Ho giocato 2 anni nella mitica Coop Anzola gli ultimi 2 anni che abbiamo vinto il campionato 1971/1972 (finale con Bar Stadio) e 1972/1973 (finale con Bar CELSI IMOLA).
Sono in possesso di foto di quei periodi che mi piacerebbe farvi avere per condividerle.
Come posso fare?
Attendo istruzioni in merito.
Ciao puleghino