Io la sua proverbiale cotoletta non l’ho mai assaggiata. Del resto non sono mai andato alla mitica “Braseria” di Bologna e neppure a “Il Campione”, ristorante che aveva poi aperto in società con Beppe Signori. Però nei giorni scorsi ho letto diversi commossi ricordi di Ivo Gandolfi, morto a 75 anni all’inizio di novembre, e si parla tanto di calcio, di basket, dei personaggi che l’hanno conosciuto, frequentato, amato, ma quasi nessuno ha citato, in quei racconti, un altro suo grande amore, forse il più grande di tutti fra le passioni extra familiari di Ivo: il biliardo. Così mi sono detto che dovevo colmare questa lacuna, dovevo provarci io a scrivere qualcosa su Gandolfi e le boccette. Per tentare di fissare, almeno qui, una parte certo non secondaria della vita di un personaggio che ha dato tanto al gioco che noi amiamo.
“Se Ivo potesse parlarti adesso ti racconterebbe dalla prima all’ultima palla una partita incredibile, che giocò contro di me all’inizio degli anni Ottanta, al Palazzo dello sport di Bologna. Per trent’anni e passa, ogni volta che l’ho rivisto, mi ha accolto sempre col ricordo di quella partita. E se adesso ci sta ascoltando, sono sicuro che sta sorridendo”.
Ci torneremo su quella partita. Valerio Veronesi parte da qui per ricordare un amico che ha conquistato per sempre un posto nel suo cuore. E non solo nel suo, come testimoniano le tante presenze ai funerali di Ivo e gli articoli usciti sui giornali bolognesi. Va detto infatti, per chi ci legge da altre parti d’Italia, che Gandolfi l’hanno conosciuto in tanti e praticamente tutti i personaggi sportivi passati per Bologna. L’elenco sarebbe lunghissimo. Digitate Ivo Gandolfi su Google e troverete una serie di testimonianze di campioni italiani e stranieri, allenatori, dirigenti, personaggi che hanno fatto la storia del calcio e del basket.
Finivano sempre tutti lì, alla Braseria da Ivo. Lui li accoglieva a braccia aperte, col consueto sorriso, disponibile a qualsiasi orario, bastava avvisare alcuni minuti prima. E oltre alla notevole qualità della cucina sapeva mettere “sul piatto” le sue evidenti doti di grandissimo affabulatore. Qui però non è né di calcio né di basket che vogliamo parlare. Questo è un blog dedicato al biliardo e una cosa mi è chiara: Ivo accoglieva allo stesso modo Sasha Danilovic e Gino Cavazza, Gianluca Pagliuca e Checco Fava, tanto per fare qualche esempio non proprio a caso. Li coccolava tutti allo stesso modo. Li faceva sentire nel suo ristorante come se fossero in famiglia.
“Una sera vidi arrivare a Imola, al Bar Ragazzini dove giocavo allora, Ivo e Valerio Veronesi. Mi dissero “Vieni con noi, vedrai che ci divertiamo”. Fu così che tornai a giocare a Bologna, al Casella. E ci stavo talmente bene che rimasi per diversi anni”. Luca Casadei alla notizia della morte di Gandolfi ha pianto un fratello. “Ho mandato alla moglie e al figlio Simone un messaggio di condoglianze. Lui mi ha risposto che suo padre stravedeva per me e mi ha profondamente commosso”. Del resto Ivo era così. Brillante e generoso per natura, affabile con tutti, ma con alcuni entrava in una sintonia tale per cui i rapporti umani andavano ben oltre il panno verde.
In quegli anni il Bar Casella era un piccolo tempio del biliardo. Da lì passavano tutti e per dirla con le parole di Casadei “Se Valerio Veronesi era il leader tecnico, Ivo Gandolfi era il leader morale del gruppo”. Lui era l’emblema, il trascinatore, la rappresentazione in carne e ossa di un certo modo di vivere le proprie passioni. Non erano solo le sfide sul panno verde, ma le notti alla Braseria dopo le partite, lì dentro fino al mattino con la saracinesca abbassata, le mangiate in compagnia, le bevute, l’ironia e la goliardia che forgiavano i caratteri, un cameratismo anche nelle rivalità più accese che creava legami inscindibili, a vita. E la generosità per cui spesso, al momento di pagare il conto, Ivo salutava con un abbraccio: “A posto così”. “Non solo. A volte, nonostante le mie proteste, mi apriva il baule della macchina e ci infilava dentro di tutto: generi alimentari, bottiglie, frutta…” racconta Casadei.
Alessandro Cavazza a quei tempi era un bambino. “Che Ivo si chiamasse Gandolfi l’ho scoperto scrivendo il libro sulle boccette, perché per me lui era Ivo e basta. Era l’Ivo di quando in casa si parlava di quel bar Casella in cui mio padre, Gino, andava sempre con immenso piacere, tanto era il divertimento in quel gruppo di “asini” formato appunto da Ivo, Veronesi e tanti altri. L’Ivo del ristorante La Braseria, nel quale spesso si andava con la famiglia e gli amici. Chi è di Bologna sa che a un dato momento è diventato il locale preferito dei giocatori di calcio e della Basket City, ma la caratteristica di Ivo era quella di accogliere tutti con la sua burbera simpatia di oste, senza celebrare l’arrivo della star sportiva con maggiore enfasi rispetto a come trattava chiunque altro. E si comprende come mai, in definitiva, la gente non dicesse “Andiamo a mangiare alla Braseria” quanto piuttosto “Andiamo da Ivo”. Tra gli avventori c’era però una categoria particolare, quella degli amici del biliardo che, effettivamente, erano sempre accolti con quel quid in più di “zagnata”, per dirla alla bolognese. Per dare l’idea di quanto guascone ed estemporaneo fosse l’ambiente, voglio raccontare un aneddoto. A seguito di una serie di problemi di salute, mio padre era divenuto molto amico di un cardiologo tanto talentuoso quanto, per così dire, “estemporaneo” e con lui si andava spesso a mangiare “da Ivo”. Un giorno il nostro si avvicina al tavolo e rivolto all’illustre cardiologo fa l’errore di mostrargli una piccola protuberanza nel braccio, chiedendogli, un po’ in apprensione: “Secondo te cos’è?” La risposta del medico è lapidaria. “Prendi un tovagliolo, andiamo dietro alla cassa” e mentre pronuncia queste parole, con lo sguardo assolutamente imperturbabile, il luminare estrae dalla borsa un bisturi, del disinfettante e un anestetico. Ivo, basito, gli chiede cosa intende fare e il cardiologo, come se fosse la cosa più normale del mondo, gli risponde: “E’ una cisti: ti opero”. Ora vi giuro che io ho visto con questi occhi un chirurgo di chiara fama e Ivo Gandolfi accucciati dietro alla cassa del suo ristorante, a serata ormai finita, per questo “intervento chirurgico” sui generis. E mentre incredulo mio padre rideva alla soglia delle lacrime, Ivo se ne stava lì, con gli occhi allampanati ma anche mansueto, sotto le “amorevoli” cure del bisturi del cardiologo. Cose normali no?”.
Non so a voi, a me nel sentire questo racconto viene in mente “Amici miei”.
Senza essere un campione, Ivo ha giocato comunque a boccette a buoni livelli. Ha fatto parte per anni, infatti, delle più forti squadre di Bologna. Attaccante nato, colpitore se ce n’era uno, era piuttosto estroverso anche dietro al biliardo e qui mi inserisco con l’unico ricordo personale. Non chiedetemi la data, comunque metà anni Novanta. Giocavo a Imola nel Lazzerini, in coppia con Valerio Albicocco, e in campionato contro il Casella affrontammo proprio Gandolfi. Non ricordo chi era il suo compagno. Ad un certo punto, verso metà partita, vidi che Ivo sbuffava e si lamentava con sempre maggiore frequenza. Compresi che a suo giudizio noi eravamo, per così dire, troppo “riflessivi”. Insomma lenti. Ora Ivo, se mi leggi, devo confessarti una cosa. Quando mi resi conto della tua insofferenza, da perfetto paraculo, mi avvicinai a Valerio e gli sussurrai all’orecchio di rallentare ulteriormente le operazioni. So che allora mi avresti giustamente infamato, ma adesso spero mi perdonerai.
Già, ma voi aspettate ancora un altro racconto, quello della famosa partita con Veronesi di cui si parlava all’inizio. L’anno era il 1981 e Valerio in quel periodo era fortissimo, praticamente imbattibile. Nello stesso luogo, alla “Bomboniera” di Bologna, aveva da poco vinto i Campionati Italiani e in quella stagione ogni gara nazionale era stata la sua. Alla finalissima dei Provinciali a squadre giunsero proprio la squadra di Veronesi, lo Spartaco, e quella di Ivo, la Gelateria Decima, i cui singoli erano Checco Fava e Gino Cavazza, cioè due campionissimi. A sorpresa Gandolfi, che fino a quel momento aveva sempre fatto la coppia, fu schierato come singolo e gettato allo sbaraglio contro l’invincibile Veronesi. O la va o la spacca. Anzi più la spacca che la va. Almeno in teoria. Ebbene, duemila persone sugli spalti del Palazzo assistettero quel giorno alla più grande impresa biliardistica di Ivo. Si presentò dietro al biliardo in totale trance agonistica, come posseduto dal furore, evidentemente stimolato al massimo da quella “missione impossibile” contro l’amico che era di gran lunga il più forte giocatore d’Italia. “Io facevo sempre 10 – ricorda Veronesi – giocai bene, ma non ci fu niente da fare. Ivo non andava mai a punto, bocciava regolarmente la mia palla, anche a pochi centimetri dalla sponda alta, la colpiva perfettamente e i birilli volavano come impazziti. Giocò sempre all’attacco, dall’inizio alla fine, e fui costretto a cedere. La sua fu un’impresa talmente stupefacente che alla fine mi venne istintivo abbracciarlo. Sono convinto che molti bolognesi appassionati di biliardo ricordino ancora molto bene quella partita”.
Chi invece ricorda ancora perfettamente il momento in cui Ivo Gandolfi appese le boccette al chiodo è Luca Casadei. “Stavamo giocando ed entrò Ivo con la faccia scura. Disse soltanto “E’ morto Checco, non parlatemi più di biliardo”. Era il 1996 e Ivo Gandolfi tenne fede a quella promessa.
Grazie a Luca Casadei, Alessandro Cavazza, Valerio Veronesi
Ringrazio te e Alessandro per l’immagine efficace e veritiera che avete espresso di Ivo, questa mancanza mi ha creato un vuoto incolmabile e colgo l’occasione per abbracciare Simone e Luisa.
Grazie a te Luca come sempre
Mi sono trasferita per lavoro a Bologna nel 1989. Dieci anni dopo ,settembre 1999 ,inizio ad organizzare le trasferte per il Bologna Calcio ed esattamente la Coppa UEFA a San Pietroburgo e proprio in questa occasione conosco il mio Dado Ivo . Dal quel momento per 21 anni insieme alla Dada Luisa ed il Dadino Simone sono stati la mia seconda famiglia ! Grazie Dado per tutto l’affetto la felicità e le tante risate che mi hai regalato! Ti porterò nel mio cuore per sempre. Mi manchi. Marina
Grazie per aver letto e per la bella testimonianza
Grazie Maurizio per questo tuo bellissimo ricordo. Vedi, quando piangiamo Ivo, insieme all’affetto forte che sentiamo, piangiamo anche la scomparsa del pezzo più autentico e spensierato della nostra giovinezza. Quando andare da Ivo era uscire da casa per andare in un’altra casa. Fatta dei racconti che Lui ci recitava, del passato che tornava o semplicemente della sua compagnia. La sua generosità lo rendeva radioso. Ti avvolgeva, ti costringeva, ti coccolava con la sua generosità! Chi ha avuto la fortuna di essere suo amico non potrà mai dimenticarlo. Lo incontrai a 16 anni alla mia prima gara al bar Tanò. Mi disse “ Cinno cosa fai fuori a quest’ora? “. E da allora non ci siamo più persi. Nemmeno adesso..
Grazie a te Valerio. Parlando con te e con Luca di wueste cose, sentendo i vostri racconti, e come se ci fossi stato anch’io in quel gruppo.
Di Ivo vorrei ricordare un piccolo ma importante episodio.
Il periodo era verso la fine degli anni 80.
Era un incontro tra,il Bar Coop Anzola e la squadra in cui militava Ivo che purtroppo non ricordo il nome,essendo arrivati a pari punti alla fine del girone di campionato era necessario uno spareggio per determinare la miglior classificata per poi entrare nel tabellone delle finali.
Quasi al termine la situazione era 3 a 2 per noi,ultima partita da finire un ns/singolo contro Ivo.
Grande equilibrio,in un momento delle fasi finale Ivo nel fare un tiro dichiarò con spontaneità(avversario e arbitro non se ne erano accorti!!!!)di aver mosso una boccetta e quindi giocata non valida.
L’episodio ebbe enorme importanza per l’esito finale con la sconfitta di Ivo.
Questo ricordo dopo più 30 è ancora indimenticabile.
Quindi Ivo lo ricorderò sempre,nell’ambito del biliardo, non solo come ottimo giocatore ma sopratutto per la grande lealtà e sportività.!!!!!!
Grazie per il contributo
Buongiorno, per chi non lo sapesse IVO GANDOLFI era il cugino di
CARLETTO GANDOLFI , detto braccio d’oro.
Grazie mille! Non sapevo nemmeno che il cognome di Carletto Braccio d’oro fosse Gandolfi.